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mercoledì 21 marzo 2012

Non riesco a capire

perchè ci si debba impantanare solo e soltanto su questo cavolo di art.18 che doveva essere, nella questione della riforma del lavoro, solo una questione marginale. So bene che la sua modifica implica rilevanti conseguenze ma a ben vedere le cause di lavoro attivate secondo questa normativa sono una percentuale risibile sul totale e, come è successo nel mio caso, tutt'ora se un imprenditore vuole o ha necessità di licenziare lo fa, punto e basta. E se poi consideriamo che molti dei nostri giovani vanno a lavorare all'estero accettando normative che sono molto simili alla proposta di modifiche fatta dal Governo, dove sta in realtà il problema? Il problema è che il lavoro non c'è, altrimenti non saremmo qui a discutere sui provvedimenti in uscita ma saremmo a domandarci come distribuire quelli in entrata!
Ok, combattere la precarietà. Benissimo agevolare l'assunzione dei giovani rivedendo e rinnovando le tipologie di contratto. E della marea di licenziati 50enni che ne facciamo? Non sono stati presi in considerazione in nessuno dei punti espressi dalla proposta di riforma. Anzi, non avranno neanche più la tutela della mobilità e si ritroveranno becchi e bastonati con grandi difficoltà, se non impossibilità, di rientrare nel mondo del lavoro, lontani dalla pensione, senza nessuna forma o possibilità di entrate ed ultimo, ma non ultimo, quando avranno l'età del "riposo dal lavoro" non avranno contributi sufficienti per una pensione degna di questo nome.
Non riesco a capire perchè non è su questi temi che il sindacato, i partiti, o meglio la sinistra, i lavoratori concentrano la loro lotta e stanno a preoccuparsi di una possibilità di licenziamento piuttosto che di una opportunità di inserimento continuando con una mentalità ancora ferma agli anni '70.
Forse, se qualcuno me lo spiega...

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