IL MERCATO DI PONTASSIEVE
Le origini
"Il 9 giugno del 1399, il Comune di Firenze, su proposta degli Ufficiali delle castella, decise di stabilire nella piazza del castello di Sant’ Angelo del Ponte a Sieve un mercato in cui fosse ammessa la vendita e lo scambio di generi alimentari, di animali e di merci, e ai cui partecipanti fosse concessa, per due giorni ed entro un raggio di quattro miglia, l’immunità dai loro debiti.
L'atto di nascita del mercato di Pontassieve (9 giugno 1399) conservato nell'Archivio di Stato di Firenze |
Il disposto intendeva incrementare lo sviluppo demografico, economico e commerciale della nuova terra fortificata (finita di costruire intorno al 1375), al fine di consolidare il controllo del comune fiorentino in un’area di notevole importanza strategica.
La comprensione da parte delle autorità comunali dell’importanza del mercato per lo sviluppo del nuovo insediamento è testimoniata dalla presenza negli statuti locali e nelle successive riforme (a partire dal XV sec. e fino alla fine del ‘700), di numerosi provvedimenti tesi a favorire e incoraggiare i traffici e i commerci che vi si svolgevano.
Un primo accenno al mercato è già presente nella riforma dell’aprile 1421 degli statuti della podesteria (redatti per la prima volta nel 1402): in quell’occasione si stabilivano immunità e privilegi a chi vi avesse partecipato, al fine di incrementare gli scambi che, evidentemente, languivano.
Da un documento del 1432, relativo ad una successiva modifica degli statuti podestarili, sappiamo che il mercato si svolgeva di mercoledi (per quel giorno della settimana veniva concessa l’immunità dall’arresto per debiti), ma da una fonte dello stesso tipo (riforma del 1487) risulta che il mercato si svolgeva di lunedi, giorno scelto probabilmente per evitare dannose concomitanze con mercati di altre località."
Il Cinquecento
"Nelle norme statutarie del 1523 al mercato vengono dedicati ben quattro capitoli, dal XL al XLIII. Nel primo di essi ("del modo di vendere la piazza dove si fa el mercato") venivano stabilite le regole per la cessione annuale "all’incanto" della piazza per il mercato, che si svolgeva, anche a quella data, di lunedì: il ricavato doveva andare in parte ai frati del monastero di San Francesco (una quota fissa di lire 22) e in parte (quella eccedente le 22 lire) ad opere di pubblica utilità.
Nel capitolo XLI venivano recuperate le disposizioni del 1483 relative ai modi di incrementare il mercato, soprattutto ribadendo la proibizione a chiunque abitasse entro il miglio di distanza da Pontassieve di "vendere o fare o comperare o alcuna merchatantia di qualunque conditione si sia, fare o fare fare" fuori dal castello nel giorno di mercato (una speciale esenzione era stata riservata per gli osti, ai quali era consentito di "dare mangiare et bere a’ viandanti", e ai bottegai di Pontassieve).
Nel capitolo XLIII erano stabilite le regole da rispettare per il buon funzionamento del mercato, e tra queste, in particolare, la proibizione di commerciare prima del suono della campana."
Il Settecento
"Nei secoli successivi Pontassieve divenne una delle piazze più importanti del contado fiorentino; nel mercato, che ancora all’inizio del Settecento si svolgeva di lunedì, venivano contrattate generalmente tre specie di grano (buono, mediocre, inferiore) e, a seconda della stagione, i cereali inferiori e le leguminose (orzo, avena, segale, mochi, fave, vecce, lenticchie, lupini, fagioli) nonché (in autunno e in inverno) i marroni e le castagne secche. Accanto a questi generi venivano sicuramente commerciati anche olio, bestiami e i più vari manufatti artigianali.
Dai registri dei "prezzi di grani e biade" (conservati nel fondo "Abbondanza" dell’Archivio di Stato di Firenze) emerge però che intorno al 1730 il mercato non si teneva più regolarmente tutte le settimane (almeno per quanto riguarda le cosiddette "grasce"); la crisi si fece più acuta nella seconda metà del XVIII secolo, mentre nello stesso periodo (in contro tendenza) si andava affermando la fiera annuale di S. Lorenzo.
La crisi settecentesca del mercato di Pontassieve (nonostante la crescita demografica che il borgo stava conoscendo grazie all’afflusso di un gran numero di pigionali) è testimoniata anche dalla sensibile diminuzione dei proventi che la comunità ricavava dalla cessione dei posti della piazza del mercato ad un conduttore, tanto che divenne sempre più difficile col passare degli anni trovare qualcuno disposto ad aggiudicarsene l’appalto (la normativa in materia fu modificata con legge dell’11 aprile 1775, all’insegna della totale liberalizzazione).
La conseguenza più preoccupante di un tale stato di cose era che alcuni generi di prima necessità, a causa della mancanza di uno stabile mercato, venivano a costare assai di più che in altre località.
La causa principale in un primo tempo del mancato sviluppo del mercato di Pontassieve e successivamente della sua decadenza (come faceva notare allo scadere del secolo il vicario di Pontassieve) risiedeva probabilmente nell’eccessiva vicinanza alla "dominante": infatti con il miglioramento delle infrastrutture viarie, avvenuto soprattutto nella seconda metà del ‘700, era divenuto molto più conveniente smerciare i prodotti nella grande città che nel piccolo borgo; a ciò va aggiunto inoltre il fatto che la maggior parte delle terre circostanti appartenevano a grandi proprietari cittadini."
L'Ottocento
"La situazione migliorò soltanto all’inizio dell’Ottocento: il mercato, tornato a svolgersi di mercoledì, riacquistò una regolare cadenza settimanale; le merci trattate (affluenti soprattutto da Firenze, Rignano, Pelago, Londa e Dicomano) comprendevano per lo più bestiame vario, granaglie, castagne secche, farina dolce, pollami, uova, ortaggi, e manufatti varii come generi di merceria, scarpe e stoviglie."
Tratto da F. Martelli, La Comunità di Pontassieve e i suoi lanaioli. Aspetti di vita economica dal XVI al XVIII secolo, Firenze, Sansoni, 1983
Nessun commento:
Posta un commento